
Tratto da e-mail inviata a iscritti Newsletter Il velo di Maya olistico 03/01/2020
Il Presepe
Durante il periodo natalizio la tradizione ci ricorda di preparare nelle chiese e in casa un Presepio (greppia, mangiatoia) come rappresentazione artistico figurativa della nascita di Gesù. In genere troviamo la Sacra Famiglia, l’asino e il bue, gli Angeli, i pastori e i Re Magi.
Il periodo Barocco fu un periodo fiorente per i presepi soprattutto nella Germania meridionale quando i Gesuiti iniziarono ad utilizzarne le rappresentazioni come mezzo per veicolare l’informazione religiosa .La diffusione in Italia, Spagna, Portogallo, sud della Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria portò alla nascita dell’Arte dei Presepi che visse un periodo di splendore nel XVIII secolo arrivando a produrre complessi scenari annuali, composti anche da più di 4000 figure.
Fino alla metà del 1800 oltre ai tipici presepi tedeschi che abbracciavano tutta la storia biblica da Adamo ed Eva fino alla passione di Cristo con le 3 croci e il Golgota troviamo ambientazioni con paesaggi di montagna mentre solo in seguito assume importanza la forma del presepe orientale.
San Gaetano di Thiene, in un libro del Settecento, è presentato come colui che diede origine alla tradizione di allestire il presepe nella chiese e nelle case private in occasione del Natale.
A questo punto partiamo con il Tardis, la macchina del Tempo di Doctor Who e torniamo indietro di parecchi secoli provando a rivivere con l’Immaginazione una parte di storia.
Il mondo cristiano ricorda la nascita del Cristo il 25 dicembre, data che viene fissata nel IV secolo (la Chiesa ortodossa celebra il 7 gennaio). In quei giorni l’Impero romano festeggiava il Dies natalis Solis invicti, cioè il giorno di nascita di Mithra, il Dio identificato con il Sole; questo giorno è inoltre in stretto rapporto con il Solstizio d’Inverno.
L’episodio della nascita di Gesù è narrato solo in due Vangeli: Luca riferisce che dopo la sua nascita Egli venne deposto “in una mangiatoia e che i pastori furono chiamati dagli angeli a conoscerlo e adorarlo”, mentre Matteo parla di una “casa” e riferisce della visita dei Re Magi, i nomi dei quali ci vengono da uno dei Vangeli apocrifi, il Vangelo degli Ebrei o dei Nazareni, in una citazione di epoca medievale.
(Se vuoi approfondire, puoi cercare la spiegazione spirituale data da Rudolf Steiner riguardo il motivo dei due differenti racconti fatti da Luca e Matteo nei Vangeli).
Due Vangeli apocrifi che vengono fatti risalire intorno al II sec. d.C. danno maggiori particolari sull’episodio: il Protovangelo di Giacomo precisa che Gesù nacque in una grotta e il Vangelo dello pseudo Matteo dà notizia della presenza del bue e dell’asino, i quali “lo adoravano senza sosta”. Ambedue i testi specificano che per tutto il tempo della permanenza di Maria nella grotta, questa risplendeva di luce: “la grotta cominciò a farsi piena di splendore e a rifulgere di luce come se vi fosse il sole, così la luce divina illuminò la spelonca”.
In un presepio in genere troviamo una grotta o capanna, stalla; il Bambino è deposto nella mangiatoia tra Maria e Giuseppe e riscaldato da due animali, l’asino e il bue; vicino alla grotta gli Angeli chiamano i pastori con le loro greggi ad adorare il Bambino; lontano si possono scorgere taverne e osterie, mentre in disparte, fino al giorno dell’Epifania, vi sono i Tre Magi con il loro corteo di servitori e di animali.
Per comprendere maggiormente la simbologia facciamoci accompagnare dalle parole di Giovanni Francesco Carpeoro
Tratto da “Summa symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali. Vol. 2\1:Studi sugli archetipi”
“…prima di potersi elevare al cielo, gli imperatori della antica Cina erano chiusi in una grotta sotterranea, all’inizio dell’anno nuovo. Nella simbologia cinese la caverna è il femminile, il principio yin, mentre la montagna è il principio yang. Entrare nella caverna significa quindi far ritorno alle origini e salire al cielo, uscire dal cosmo. Per questo gli Immortali cinesi frequentano le caverne, per questo Lao Tze vi sarebbe nato e l’Immortale Liù T’ung-pin è l’ospite della caverna…”
“…E’ abbastanza caratteristico che Gesù sia nato in una grotta da cui irradia la luce del Verbo e della Redenzione; che l’abbagliante splendore di Amaterasu, la dea del sole shintoista, emani da una caverna di roccia semiaperta, come del resto quello delle vacche, delle go vediche; che il culto di Mitra, dio solare, sia stato spesso celebrato sottoterra; che il sole levante esca in Cina dal K’ung-sang, che è un gelso cavo…”
La stalla rievoca la promiscuità tra uomini e bestie; ma le bestie presenti nel presepe non sono più animali selvatici ma addomesticati ad indicare che nell’Uomo inizia a formarsi la coscienza che può tenere a bada gli istinti.
La grotta invece è un simbolo universale: collegata alla terra e alle divinità ctonie, è per eccellenza il luogo della nascita e della ri-nascita.
La grotta è anche il luogo dei morti e la porta degli Inferi, la regione dei mostri e dei draghi.
Alla fine di ottobre inizia il periodo dell’anno in cui i cicli si compiono e si rinnovano: è il momento in cui inizio e fine coincidono, il tempo in cui le anime del passato tornano e si mescolano con i viventi; ecco nascere il cibo dei morti, alimenti ricchi di semi come sintesi di ciò che sarà il frutto; fa parte di questa tradizione anche il panettone con le sue uvette e i canditi.
Entrare nella grotta è dunque vivere il periodo buio dell’anno; è ogni momento in cui ti senti respinto dagli altri; è il renderti conto dell‘insoddisfazione per la tua vita; è il sentirti avvolgere dalla notte oscura (dell’anima). Nella grotta puoi ritrovare il contatto con Madre Terra e rivivere l’esperienza dell’utero che ti accompagna dalla fase embrionale fino alla tua nascita.
(Se vuoi, può leggere la grotta su Blog Gurumanontroppo QUI )
Tutti noi consideriamo il nostro Francesco come padre del Presepio. In realtà Tommaso da Celano ci racconta che Francesco non realizzò una rappresentazione del presepe come l’intendiamo noi, cioè mediante figure, ma egli volle che la celebrazione della Messa nella Notte di Natale avvenisse non in una chiesa, ma in una stalla con celebrazione della mangiatoia, appositamente preparata, con un bue e un asino come uniche “comparse”:
“La greppia che preparò nel giorno della Natività del Signore. XXX
…Si prepara la mangiatoia, vi si porta il fieno, vi si conducono il bue e l’asino. In quel luogo si onora la semplicità, si esalta la povertà, si raccomanda l’umiltà, e, da Greccio che era, il paese diventa quasi una nuova Betlemme. S’illumina la notte come fosse giorno, piena di delizia per uomini e bestie. Arriva gente, e, di fronte al nuovo rito, si rallegra di gioia finora sconosciuta.
Furono poi i frati francescani a diffondere l’usanza di tale rappresentazione tramite persone in carne e ossa fino ad arrivare a riproduzioni figurative di vario tipo.
La tradizione ci racconta che nella grotta il Bambino è riscaldato da due animali domestici: l’asino e il bue, due tranquille bestie la cui presenza in una stalla è considerata assolutamente normale.
Il discorso è però decisamente più complesso: ecco Francesco che tornato dall’Egitto porta in terra italica uno schema di Iniziazione. Il bue simboleggia la dea Hathor, donna con corna bovine o disco solare, grande madre universale, dea dell’amore, della gioia, generatrice del sole; l’asino rappresenta il dio Seth, divinità del caos, del disordine, del deserto e delle tempeste, rappresentata sotto forma di capra, asino o sciacallo, pone ostacoli e intralcia.
Senza queste due presenze l’Iniziazione, il risveglio non avrebbe luogo.
Coraggio, paura, luci, ombre, yin e yang, bene e male.
Il Bambino della nostra storia nasce inoltre nella notte, notte in cui tutto si mischia e si confonde; morte e nascita che nel caos permettono il parto del bambino di Luce come processo di individuazione.
Nel Presepe possiamo dunque riconoscere un processo alchemico di trasformazione, ogni personaggio rappresenta una parte di noi.
I pastori portano i doni come nelle antiche tradizioni rituali agresti in cui vi era l’usanza di offrire alla natura una parte dei frutti che la natura stessa aveva donato: un dare e ricevere.
Questi personaggi rappresentano l’uomo semplice che come un bambino vive lo stupore di ciò che sta accadendo, risvegliato dalla presenza degli Angeli e dalla Luce che emana dalla grotta ma ricordano anche l’uomo comune che dorme, che è impegnato a gozzovigliare e defecare senza accorgersi di ciò che intorno a lui avviene. Vediamo infatti nei presepi più complessi anche la gente della taverna: vizi, corruzione, alcol, costumi dissoluti, Tutti istinti e passioni che ancora appartengono all’umanità e che ne impediscono il risveglio.
Quindi il nostro caro Francesco, secondo alcuni studiosi vicino alla cultura Sufi, dopo essere tornato dai suoi viaggi orientali cosa intendeva raccontare al popolo con la celebrazione di una mangiatoia e quei due animali?
Ogni anno, quando allestisci il Presepe in casa tua, stai mettendo in scena una allegoria di un rituale iniziatico e l’Iniziazione sei tu, Il Bambino che nasce sei tu.
Ricordalo il prossimo anno!
I Magi

Ultimi a comparire sulla scena del Presepio sono i Re Magi: nel testo di Matteo non sono riferiti né i nomi né il loro numero, che in testi non canonici dei secoli successivi varia da due fino a dodici, ma la tradizione del presepio in modo sapiente sceglie il numero tre e i doni offerti al Bambino sono sempre gli stessi, cioè l’oro, l’incenso e la mirra.
I Re Magi erano astronomi e conoscitori del cielo, per quale motivo vengono inseriti in questo racconto? Da dove arrivano? Sicuramente dall’Oriente (Persia? Caldea?) ed erano legati al loro Maestro Zarathustra.
Vuoi saperne di più? Di nuovo, cerca Rudolf Steiner e lasciati guidare dalle sue parole e vivi pienamente queste giornate.
Musiche da ascoltare: Paolo Conte – Reveries (non è natalizia, ma assolutamente splendida, ti fa volteggiare tra i tuoi ricordi)
omissis