Tratto da e-mail inviata a iscritti Newsletter Il velo di Maya olistico 10/01/2020
omissis…E parlando di cicli che terminano e nuovi cicli che cominciano: ecco la protagonista di questa Newsletter!
Viene viene la Befana di Gianni Rodari
Viene, viene la Befana
da una terra assai lontana,
così lontana che non c’è…
la Befana, sai chi è?
La Befana viene viene,
se stai zitto la senti bene:
se stai zitto ti addormenti,
la Befana più non senti.
La Befana, poveretta,
si confonde per la fretta:
invece del treno che avevo ordinato
un po’ di carbone mi ha lasciato.
Epifania
Il termine Befana attraverso un processo di corruzione lessicale passa da Epifania (dal greco epiphàneia, manifestazioni della divinità) a bifanìa, befanìa, befana; il termine “Befana” inteso come il fantoccio femminile esposto la notte dell’Epifania era già diffuso nel dialettale popolare del XIV secolo, specialmente nelle terre dell’antica Etruria.
Secondo la tradizione, nella notte tra i 5 e i 6 gennaio una donna molto anziana vola su una scopa per fare visita ai bambini e riempire di doni le calze lasciate appese sul camino o vicino ad una finestra; i bambini che durante l’anno si sono comportati bene riceveranno dolciumi, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli mentre chi si è comportato male troverà le calze riempite con del carbone.
Ai tempi nostri però le calze della Befana vengono riempite dai signori delle pubblicità, con la vecchina che approda direttamente al supermercato. Con grande gioia di genitori, zii, nonni e bambini.
E Amen.
Ridotta ad un momento consolatorio prima della ripresa scolastica e lavorativa, quasi eclissata dalla presenza di Babbo Natale che ormai con aria furbetta, un abito rosso e la storia dei desideri (non ti ricorda forse qualcun altro?) ha conquistato i cuori e le fantasie di grandi e piccini, la Befana si ritrova anche a condividere il giorno a lei dedicato con i 3 grandi re Orientali che fanno visita al bambinello portando doni.
Il nostro Doctor Who, con il suo Tardis, ci accompagna con sguardo sornione in questi viaggi nel Tempo e nello Spazio e ci riporta al tempo di antichi rituali agresti.
Come ricordato più volte, da fine ottobre siamo nel periodo in cui la terra si riposa prima di iniziare un nuovo ciclo: dal Ponte dei Morti al Solstizio di Inverno a Candelora (2 febbraio) viviamo il periodo buio, la semina, la ri-nascita. Il Presepe andrebbe in realtà tolto a Candelora (il giorno di presentazione di Gesù al Tempio), ma il Milanese Imbruttito ormai detta il ritmo frenetico della sequenza di inizio e fine delle feste canoniche e taac! prima smonti prima produci.
Se vuoi riappropriarti dei tuoi tempi e viverli interiormente cerca invece gli antichi racconti che parlano di lentezza e se segui i corsi de Il velo di Maya è perché con Tai Chi, meditazioni e seminari sull’Immaginazione è evidente che il richiamo per la parte più profonda e calma di te stesso lo hai sentito.
Tornando alla vecchina irrigidita dagli acciacchi dell’età e dal freddo, con pochi denti, il volto grinzoso e con il grande naso è inevitabile chiedersi: ma allora Chi è?
Madre Natura
Wow! Ah, non è la befana quella delle battute che si fanno alle signore non particolarmente avvenenti e non più “nel fiore degli anni” oppure alle mogli chiassose? Non è la strega che vola sulla scopa?
Nelle tradizioni agricole precristiane del mediterraneo si festeggiavano riti in cui Madre Natura sfinita e consumata moriva in un grande falò. L’usanza di bruciare all’inizio dell’anno fantocci vestiti di stracci a rappresentare la Vecchia si può ritrovare ancora in Veneto, Francia, Gran Bretagna,
Ritorna qui l’Elemento Fuoco, la Luce che nel buio ci sta accompagnando in questo periodo dell’anno.
L’immagine della Vecchia rappresenta l’humus naturale formato dai frutti caduti dagli alberi e marciti sulla terra dall’autunno in avanti, è il processo di decomposizione che permette la morte e la rinascita della Fenice che ora ha l’apparenza di una Donna giovane, fertile e calda.
La festa della Befana sembra essere riconducibile ad un’antica festa romana, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine “strenna”) che si svolgeva all’inizio dell’anno. A Giano i sacerdoti offrivano farro e focaccia per propiziare i raccolti del nuovo anno. Quello stesso giorno i Romani usavano far visita agli amici, scambiarsi doni, fare offerte di focacce e di incenso al dio. Allo stesso tempo, secondo un mito di fondazione di Roma, la dea Strenna (Strenua, Strenia) aveva un bosco sacro a lei dedicato ed era rimasta viva l’usanza tra i cittadini di scambiarsi ramoscelli sacri di alloro e ulivo insieme a fichi e mele in segno di buon auspicio. (Nella festa siciliana della Befana, “i figghi da Strina” sono ragazzini e giovani che vanno a chiedere dolci, frutta secca e denaro e Strina, Stria è il nome dato a questa “strega buona”).
Nelle dodici notti magiche tra la nascita del sole (25 dicembre) e il 6 gennaio, alcuni studiosi raccontano che la dea Diana insieme ad altre figure femminili volasse in cielo a benedire i campi portando fertilità a cavallo di una scopa (un bel simbolo fallico per chi avesse ancora dei dubbi). In Grecia questo compito di volare nei cieli apparteneva ad Hera.
Già a partire dal IV secolo d.C. l’allora Chiesa di Roma cominciò a condannare tutti riti e le credenze pagane, definendole un frutto di influenze sataniche. L’antica figura pagana femminile non venne però soppressa ma rientrò gradualmente nel Cattolicesimo, come una sorta di dualismo tra il bene e il male.
In origine le calze della Befana venivano riempite di frutta secca (mandorle, noci, nocciole, quindi semi), mele e castagne in ricordo del dono che Madre Terra lasciava prima del periodo di riposo. In seguito i semi si trasformarono in monete di cioccolato a indicare l’abbondanza. Il carbone indicava invece la terra nera resa fertile dai prodotti in decomposizione e solo nel Medioevo la religione cristiana associò il carbone ad una morale comportamentale negativa.
Secondo una versione “cristianizzata” di una leggenda risalente al XII secolo, i Re Magi, diretti a Betlemme per portare i doni al Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni a una signora anziana. Malgrado le loro insistenze affinché li seguisse per far visita al Piccolo, la donna non li accompagnò pentendosi solo in seguito della decisione presa. Preparò quindi un sacco pieno di doni, uscì di casa e si mise invano a cercarli, fermandosi in ogni casa in cui fosse presente un bambino nella speranza che uno di essi fosse il Piccolo cercato dai Sapienti. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare.
La Befana richiama la tradizione religiosa di Santa Lucia che dispensava doni ai bambini prima di lei, come faceva anche San Nicola prima dell’arrivo di Babbo Natale.
Inoltre secondo interpretazioni largamente accettate in centro e nord Europa la sua figura viene ricollegata alla celtica Perchta o Berchta (Bertha), a Frigg in Scandinavia, Holda in nord Europa.
Madre Natura nell’immaginario collettivo prende sempre più la forma della strega e viene associata nel folklore russo e slavo alla Baba Jaga con bosco, capanna, forno di mattoni, pestello, mortaio e sacrifici umani. I racconti ancestrali si fondono con racconti di Iniziazione personale e incontriamo la storia di Hansel e Gretel.
Nei miti di Germania raccontati nelle fiabe dei Fratelli Grimm la dea che presiedeva alle dodici notti magiche e che custodiva gli animali nel periodo più freddo, chiamata Frau Holle (tu, mamma steineriana che leggi, sai benissimo di chi stiamo parlando!) aveva sembianze talvolta di giovane avvenente e splendente, altre volte di vecchia pallida dai denti affilati.
Le birraie
A questo punto però bisogna inserire anche una chicca storica: tra Madre Natura, dee greche e romane, Befane e Streghe…non poteva mancare la storia della parola Alewife, che si trova la prima volta in Inghilterra nel 1393 e che indica una donna che prepara la birra in casa. Le birraie casalinghe espandono le loro attività In Germania, Paesi Bassi, Olanda e iniziano a trarre profitto dalla vendita della loro bevanda a base di miscela di erbe.
Quando la birra era pronta si poteva vedere una scopa in bella vista all’esterno dell’abitazione e nei mercati un cappello a punta rendeva immediatamente riconoscibili le venditrici di birra in mezzo alla folla.
Le donne imprenditrici, a volte vedove o senza marito potevano solo infastidire la struttura sociale patriarcale e soprattutto i monaci che nei monasteri nel medioevo avevano ottenuto l’esclusiva sulla ricetta del gruit ossia una miscela di erbe utilizzata per la birra. (Un’altra volta ti raccontiamo la storia della monaca Ildegarda di Bingen e del luppolo!)
Donne senza marito, pentoloni, erbe, cappelli a punta e scope: ecco le tue antenate Milanese Imbruttita!
Inizia con loro la caccia alle streghe? Ringraziamo il collettivo femminile ancestrale per il sacrificio.
La befana
Concludiamo precisando che la nostra Befana comunque non è quella della tradizione anglosassone e non porta cappelli a punta ma indossa un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento e ha una scopa
Ecco, anche quest’anno il 6 gennaio è già passato e la Befana pure!
Musiche consigliate: The Rain Song – Led Zeppelin
Knockin’ on Heaven’s Door – Bob Dylan
omissis